Occorre partire dai fatti e i fatti si possono anche travisare. Nel nostro Paese i fatti si dimenticano sempre rapidamente e occorre ricordarli agli smemorati e soprattutto a chi fa un uso strategico della dimenticanza e propone, spesso in malafede, analisi e visioni della realtà frutto di ricostruzioni immaginifiche e pretestuose.

Fin dall’inizio la legge 107 è stata oggetto di una lettura distorta, mistificata e fuorviante veicolata anche attraverso una capillare campagna mediatica che ha visto far fronte comune i potentati sindacali e le opposizioni politiche, uniti nella strenua difesa della tradizione contro il tentativo di riformare un sistema pietrificato da oltre 40 anni. Questi sindacati non tollerano che la riforma sia stata sottoposta ad una consultazione popolare, non accettano alcuna riforma anche se dà attuazione a principi imprescindibili se si vuole un sistema di istruzione adeguato alle esigenze del nostro tempo. Non tollerano l’autonomia che implica la responsabilità della dirigenza, non sopportano alcun sistema che misuri e valuti il servizio dell’istruzione al fine di migliorarne la qualità, non accettano che si parli di merito e tanto meno che siano dati strumenti a chi dirige una scuola (sempre che di un dirigente della scuola ammettano la necessità) per riconoscerlo e valorizzarlo concretamente.

Per gli strenui oppositori della Buona scuola la possibilità di individuare il personale cambiando alcune delle regole di reclutamento e di mobilità, abbandonare le attuali bizantine procedure fondate su tragici meccanismi (tra anzianità anagrafica e “lottomatica”), equivale a creare un preside despota, sceriffo, corrotto, collettore di mazzette, mafioso, Putin. La stampa si presta e si allea nell’individuare i difetti della riforma, si compiace di rappresentare il preside in tono macchiettistico, come un grigio burocrate, quando va bene, più spesso come un mediocre incapace del quale cerca di delegittimare l’azione, il ruolo, le funzioni.

È accaduto che l’ANP, che è l’organizzazione maggioritaria dei dirigenti della scuola e promuove, progetta e organizza iniziative volte a migliorare la professionalità dei dirigenti e del personale, abbia scritto in alcune slides, da utilizzare nei corsi di formazione, che nella scuola si lavora meglio se si dispone di docenti collaborativi anziché di "docenti contrastivi” rispetto a quanto progettato nel Piano dell’Offerta Formativa elaborato dal Collegio dei docenti e abbia consigliato di procedere in modo che non si producano situazioni conflittuali tra gli organi collegiali (Consiglio di Istituto e Collegio dei docenti).

È bastato l’aggettivo che ho scritto in corsivo per suscitare reazioni allarmatissime: il termine “contrastivi” è diventato sinonimo di “difensori della libertà”, quella messa in pericolo dai presidi Putin e dall’ANP. L’aggettivo “contrastivo” ha creato l’occasione per evocare scenari apocalittici, si è paventato un autoritarismo che sarebbe già manifesto e tanto grave da indurre i vessilliferi dei contrastivi a chiedere al Ministero di impedire all’ANP di continuare ad esprimersi.

Ora, contro l’Associazione maggioritaria dei dirigenti, alzano la voce anche alcuni dirigenti che, in coda ai “partigiani della scuola” chiedono ai colleghi di sottoscrivere un “appello anti ANP”, sostengono che loro “non vanno alla guerra”, la guerra che ANP avrebbe dichiarato, nella quale individuano il seme dell’autoritarismo, lesivo della dignità dei docenti, del ruolo del Collegio dei docenti e del Consiglio di Istituto. Certamente ci si potrebbe limitare a ridere davanti alla pochezza degli argomenti, ma rimane la curiosità di sapere se gli estensori dell’appello sono davvero convinti che la serenità, che sarebbe ormai perduta a causa della legge e delle parole “battagliere” di ANP, è venuta meno  per le azioni e i comportamenti dei dirigenti; se davvero nelle loro scuole quella collaborazione, quella collegialità, quel confronto “ciascuno nel proprio ruolo” esiste o è venuto meno per le parole di ANP o se invece la realtà denunci troppo spesso la mancanza del rispetto dei "diversi ruoli”, delle assunzioni di responsabilità che a ciascuno competono.

Per garantire un servizio di istruzione dignitoso e rispettoso dei bambini, degli alunni, degli studenti, dei cittadini e delle famiglie è necessario il rispetto delle leggi della Repubblica.

Cari Colleghi, di quale collegialità violata state parlando? Quella che esprimono Organi collegiali introdotti 40 anni fa e di cui tutti coloro che lavorano nella scuola ben conoscono l’efficace metodo di lavoroQuale termine più adeguato si dovrebbe usare per indicare chi si oppone strenuamente a qualsiasi ipotesi di valutazione dell’operato del personale? Quale aggettivo impiegare per definire l’atteggiamento di chi consiglia ogni anno ai propri studenti o alle loro famiglie di non sottostare alle inique prove di rilevazione degli apprendimenti degli studenti (INVALSI)?

L’ANP non fa e non ha fatto mai guerre nella scuola, fa e ha fatto sempre battaglie di civiltà, quelle che si fanno con la forza della ragione, quelle che hanno portato all’autonomia e alla dirigenza.

I colleghi dirigenti che raccolgono firme contro ANP e che guardano la realtà con gli occhiali  dell’ideologia che frena ogni cambiamento e ogni scelta, forse non avrebbero dovuto scegliere di fare il dirigente.

Lamberto Montanari

(pres.reg. ANP-CIDA E.R.)

Ultimo aggiornamento (Lunedì 11 Gennaio 2016 19:26)